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Per la nostra unità - Obiettivo Europa

I liberali italiani stanno pagando caro sia la scomparsa del PLI, sia il bipolarismo. Molti hanno ceduto al ricatto dello stare da una parte o dall'altra accettando una sorta di sterilizzazione delle proprie idee in formazioni politiche estranee; altri hanno il merito di aver costituito circoli cultural-politici che mantengono localmente viva la presenza liberale e che cercano una difficile aggregazione nazionale. Nelle elezioni un'alta percentuale di liberali non ha votato o ha votato radicale (l'organizzazione politica a noi più affine).

I liberali italiani stanno pagando caro sia la scomparsa del PLI, sia il bipolarismo. Molti hanno ceduto al ricatto dello stare da una parte o dall'altra accettando una sorta di sterilizzazione delle proprie idee in formazioni politiche estranee; altri hanno il merito di aver costituito circoli cultural-politici che mantengono localmente viva la presenza liberale e che cercano una difficile aggregazione nazionale. Nelle elezioni un'alta percentuale di liberali non ha votato o ha votato radicale (l'organizzazione politica a noi più affine).

Ma per far valere le nostre idee dobbiamo tornare a riunirci in una unica organizzazione che sia nostra ed autonoma, e che poi, realisticamente e responsabilmente possa collegarsi senza confondersi - con altre forze politiche sulla base di progetti politici.

Il nostro primo obiettivo, condizionante tutti gli altri, è quindi la nostra unità politica: un'unica organizzazione separata dagli attuali schieramenti ma senza pregiudizi su eventuali collegamenti con l'una o l'altra parte al fine dell'attuazione di una politica liberale.

Gli ostacoli alla nostra unità sono di due tipi: uno onomico-organizzativo ed un altro, prioritario, riguarda la questione del riunirci per cosa e su che cosa. Con la fine del comunismo è cominciata la gara a chi si dichiara più liberale (dobbiamo ringraziare Bertinotti e la destra sociale se c'è ancora qualcuno che si dichiara non liberale) e si è accentuata la confusa identificazione tra liberismo e liberalismo, cioè tra una parte e il tutto, tra l'homo oeconomicus e il cittadino, tra il mercato, che è una delle garanzie della nostra libertà e parte integrante di essa, e quello stato di diritto limitativo del potere che si identifica con lo stato liberale. E dietro le parole e le dichiarazioni vediamo una realtà politica degenerata, illiberale e imbarbarita dove le parole mistificano i fatti e dove sull'argomentazione politica è ormai prevalsa la battuta ad effetto, la vacua genericità delle dichiarazioni, spesso l'insulto.

L'ostacolo economico-organizzativo è secondario a quello che riguarda il riunirci per far cosa, ed a quello del ritrovare la passione per un impegno civile, per un ideale di società che tocchi i nostri animi nel profondo. Se abbiamo un ideale ed una passione condivisi il problema economico organizzativo sarà molto più facile risolverlo. Noi possiamo e dobbiamo ritrovare i nostri ideali e la nostra passione ritornando ai nostri principi fondatori; alla nostra concezione di uno stato liberale, di una forma politica istituzionale che garantisca lo sviluppo di individui liberi e responsabili in una società aperta e nella tradizione della nostra civiltà occidentale. Ed abbiamo una grande occasione: l'Europa.

L'Europa sta attraversando una fase delicata, rischiosa ed appassionante della sua formazione: l'allargamento ad altri 10 stati, la revisione dei trattati costituenti, le sue forme istituzionali, la ricerca di una forma politica nuova ed un equilibrio nuovo che possano integrare gli stati costituenti l'Unione rispettandone l'autonomia, la ricerca di metodi democratici complessi che permettano di rendere responsabili i governanti di fronte ai governati pur in presenza di strati di governo multipli (comuni, province, regioni, stati, Unione Europea), la coesistenza di una legislazione comunitaria e di legislazioni nazionali, la necessità di una politica estera europea o quanto meno, provvisoriamente, di una strategia estera comune, una politica comune sull'immigrazione, la necessità di una integrazione militare, di una ricerca scientifica comune e di una comune difesa dal crimine e dal terrorismo.

In questa Europa in formazione, complessa e problematica, la necessità di forme politiche e prassi liberali, la presenza di pesi e contrappesi, dell'equilibrio tra poteri e contropoteri, della presenza di garanzie istituzionali limitative del potere saranno una necessità tanto più forte quanto più alto sarà (è) il pericolo della concentrazione dei poteri, quanto più difficile sarà parlare di democrazia direttamente vissuta e quanto più necessario sarà parlare di democrazia rappresentativa a più strati e quindi più complessa e meno immediata e visibile da parte del cittadino.

Questi problemi, pur presenti sono per lo più ignorati. Sono troppo seri e troppo razionali sia per il governo che per la sua opposizione ufficiale.

Ma l'Europa è il nostro futuro. E l'Europa e il suo futuro possono essere il nostro progetto dal quale ripartire per riunire i liberali sparsi per l'Italia; e questo è un argomento che per nostra fortuna è ancora quasi ignorato nelle liti politiche dei due poli; le idee non sono ancora chiare ed i due schieramenti ancora non hanno preso posizione barricandosi nelle loro trincee. Ancora non girano slogan e parole d'ordine rivelatrici dell'appartenenza all'una o all'altra banda. E noi potremo, ancora per poco, occuparci dell'argomento indisturbati. E potremo più facilmente, su un argomento e un progetto ancora non monopolizzati da nessuno, riunirci sotto una nostra unica bandiera.

Il puzzle dei liberali



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