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Contatti tra PLI e PCI

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Data pubblicazione: 10.05.2003 20:00


Il senso del reale agevolò l'incontro tra liberali e comu­nisti che, dopo un primo incontro a Milano negli uffici della casa editrice Principato, stabilirono contatti continui tra il comu­nista Prof. Concetto Marchesi dell'Università di Padova ed il liberale Alessandro Casati, all'uopo incaricato dagli amici di Roma, dopo un primo contatto a Roma con il comunista Giolitti, nipote del presidente liberale.

L'uso delle forze armate fedeli alla monarchia per abbat­tere il fascismo da parte dei liberali e l'uso della piazza, con la neutralità delle forze armate per lo stesso fine da parte dei comunisti, costituì materia di discussione, trascurando per il momento, sia liberali che comunisti nell'un caso e nell'altro, la sorte che inevitabilmente avrebbe attesa: la monarchia o almeno la persona dèl Re.
Da quel giorno i rapporti si intensificarono tra i due par­titi nella prospettiva, soprattutto per i liberali, che la minaccia di un ricorso alla piazza da parte dei comunisti contribuisse a rendere più credibili le proprie richieste al Re di un' inter­vento dell'esercito in funzione antifascista, ma quale garanzia di ordine interno.

Buona parte dei contatti tra PLI e PCI dalla fine del 1942 alla liberazione di Roma furono tenuti per i liberali da Manlio Lupinacci e per il PCI, successivamente, da Giolitti, Gala­teri e Marchesi in incontri presso la Biblioteca del Senato, a Piazza Navona, al Pincio, al Caffè Greco, in casa di Casati o di Bergamini.
I fatti del 25 luglio avrebbero subito messo alla prova le varie correnti politiche, che, dopo i contatti tra liberali e comunisti, si sarebbero raggruppate a Roma attorno a Bonomi e ad alcuni autorevoli liberali.

(testo tratto dalla parte storica introduttiva dell'opera "Il PLI dal XIII al XIV Congresso Nazionale", Vol. I°).


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