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Dopo lo scioglimento dei Partiti nel 1926, anche a Firenze il Partito Liberale si era disciolto: una parte degli uomini che lo componevano e che nel Congresso di Livorno del 1924 avevano costituito la minoranza sconfitta erano già passati, o sarebbero passati subito dopo al PNF dove qualcuno di essi avrebbe anche ricoperto cariche importanti; gli altri conservarono in silenzio la loro fedeltà al partito, stringendosi intorno a Vittorio Fossombroni che del Partito Liberale in Toscana rimase così l'esponente, mentre l'on. Dino Philipson, deputato liberale di Pistoia fino al 1924, svolgeva una più aperta attività antifascista in Italia ed all'estero in contatto con varie organizzazioni del fuoriuscitismo, riaffermando la propria fede con atti che gli valsero persecuzioni politiche e ripetutamente il confino.
Una prima azione precisa fu iniziata al principio del 1943, quando la necessità di preparare la successione al fascismo, di cui le vicende di guerra dimostravano possibile e forse probabile la caduta, prevalse su scrupoli e preoccupazioni di ordine patriottico, che i Liberali avevano trattenuto di fronte ad azioni decise in un momento in cui i soldati italiani combattevano ancora sui diversi fronti.
Fu un'azione però senza precisa caratteristica di partito: i liberali toscani che avevano sempre mantenuto contatti personali con uomini militanti in partiti affini o in diverse correnti dell'antifascismo, si affiancarono così alle iniziative promosse dalle varie parti, senza egoismi di parte, anche se contemporaneamente questa intensificata attività politica era occasione di contatti più particolari con gli uomini che al centro restavano ancora gli esponenti del vecchio partito, del suo passato, delle sue possibilità future.
Appena verificatasi la caduta del fascismo, gli uomini che a Firenze avevano mantenuto la fedeltà all'idea liberale nel ventennio, cominciarono a riunirsi apertamente in un gruppo presieduto da Vittorio Fossombroni, che prese il nome di Gruppo di Riconciliazione Liberale, e ad essi si aggiunsero molti altri di antica appartenenza al partito o di recente adesione (1).
Vi erano tra i primi con altri, Dino Philipson, reduce appena dal confino, Marino Mari, esponente valoroso del Movimento combattentistico, antifascista fin dal 1924, Eugenio Artom che nel vecchio partito liberale aveva militato in Piemonte ed a Roma e da pochi anni si era trasferito a Firenze; vi erano tra i secondi giovani come Aldobrando Medici Tornaquinci, Guglielmoo di Sangiorgio, Danilo De Micheli, Sergio Lepri, i fratelli Ciruzzi: intorno a questo nucleo andarono a mano a mano riunendosi gli altri liberali nuovi ed antichi.
Il gruppo riprese subito contatto con Roma, sia con gli esponenti liberali della capitale e particolarmente con Marcello Soleri, sia con quelli di partiti affini, assumendo un atteggiamento di prudente difesa, ma anche sostanzialmente di collaborazione col Governo Badoglio nell'intento di mantenere quanto più possibile l'unità degli Italiani dopo il crollo del fascismo, per fronteggiare la incombente minaccia tedesca e per preparare concordemente il passaggio ad un nuovo regime in un quadro gradualmente tendente al liberalismo, in nome di questa concordia cercando insieme di stabilire accordi con gli altri movimenti dell'antifascismo per creare una unità di azione.
CosÌ, costituitosi il Comitato Interpartico, ne fecero parte in quel difficile agosto, designando a loro rappresentanti Marino Mari e Medici Tornaquinci.
Avvenuto l'8 settembre e fallito il giorno dopo il tentativo di organizzare un'azione di resistenza contro i tedeschi, di cui i Liberali ed i Comunisti erano stati tra i promotori più appassionati, Mari e Medici Tornaquinci presero il loro posto nel Comitato Toscano di Liberazione, subito dopo formatosi in una logica trasformazione del Comitato Interpartitico: assente, per sottrarsi all'arresto, Fossombroni, il PLI fiorentino ebbe quindi la sua direzione nel triumvirato Mari-Medici-Artom, mentre intorno a loro andavano formandosi gradualmente i nuovi quadri.
Costituitosi il Comitato Militare del CTLN, ne furono primi membri, in rappresentanza del PLI, il Gen. Gritti e l'Avv. Leonardo Mastropierro, che furono poco dopo arrestati coi loro colleghi di altri partiti e subirono una lunga detenzione, in conseguenza della quale il Gen. Gritti sarebbe poi morto, quasi subito dopo la sua scarcerazione.
Arrestato dopo poche settimane Marino Mari, che si sarebbe poi spento - sembra - verso la fine dell'anno a Mathausen, il suo posto nel Comitato di Liberazione fu preso da Guglielmo di Sangiorgio che divenne poi anche membro del secondo Comitato Militare ma che, insieme ai suoi colleghi di quel Comitato, fu arrestato e condotto a campo di Fossoli e avrebbe trovato poi la morte per le gravi lesioni riportate buttandosi dal treno che con Mari lo portava a Mathausen, in un eroico tentativo di evasione.
A sostituirlo venne Renato Fantoni, vecchio liberale della prima giovinezza, che pose al servizio del Partito la sua passione, la sua fervida attività, la sua ammirabile capacità organizzativa: sotto la sua direzione fu organizzato un servizio di rifornimento ad ex prigionieri di guerra ed a rifugiati nelle campagne; si provvide a rifornimenti ai partigiani delle montagne; si preparò una formazione partigiana liberale che avrebbe avuto parte attiva specialmente nella battaglia di Firenze, mentre si partecipava a quelle iniziative dei partiti collegati che rispondevano alle finalità ed alle idealità umane e politiche del liberalismo.
Venne anche organizzato sotto la guida di Cammo Matteucci un gruppo di sabotaggio che operò validamente fin quando il suo organizzatore non venne arrestato (gruppo Folgore).
Intanto contatti potevano essere presi prima col centro liberale di Roma, poi con quello dell'Alta Italia, dai quali si poté trarre la constatazione dell'identità di posizione presa dai Liberali fiorentini nel CTLN con quella assunta dal Partito nei suoi organi centrali.
Insieme, attraverso un'azione individuale svolta tra estreme difficoltà, si andavano costruendo i quadri del nuovo Partito, a cui aderirono in quel momento uomini insigni, di varie estrazioni ed ambienti, alcuni dei quali nel Partito sarebbero rimasti e rimangono fino ad ora ed altri sarebbero invece passati ad altri partiti, nelle ulteriori vicende politiche.
Vi furono illustri uomini di studio come Vittorio Santoli, Giacomo Devoto, Eugenio Garin, Enrico Greppi, professionisti eminenti come Gaetano Casoni, Ouerci, Zavattaro, industriali come i fratelli Loria, grandi proprietari come Lorenzo Niccolini.
Fu iniziata in quel tempo fra estreme difficoltà la pubblicazione di un giornale a stampa che riprese il titolo della «Opinione », i cui numeri vennero stampati quando possibile e diffusi pericolosamente nel periodo clandestino, per continuare poi per qualche tempo dopo la Liberazione (2).
Appena avvenuta la Liberazione di Roma, Medici Tornaquinci con Matteucci raggiunse Roma, a piedi, attraversando le linee di combattimento ed il suo posto nel CTLN venne preso da Artom insieme a Pantoni: venne anche in quel momento ricostituito per la terza volta il Comitato Militare che, subito dopo, per iniziativa di Artom, si trasformò da organismo essenzialmente politico in un comando militare organico delle formazioni partigiane della regione, nel quale il PLI fu rappresentato dal Magg. Achille Mazzi, che assunse le funzioni di Capo di Stato Maggiore a fianco al comandante Col. Nello Niccoli del Partito d'Azione, svolgendole in piena validità.
In quel periodo si svolse un singolare episodio di particolare significato politico.
Alcuni esponenti del partito fascista chiesero di prendere contatti col CTLN per una capitolazione, con lo scopo di salvare le famiglie di uomini che con la Repubblica di Salò si fossero compromessi e per facilitare insieme nell' ordine e senza effusioni di sangue il trapasso dei poteri.
Attraverso la intermediazione degli Avv. Gaetano Casoni e Mario Gobbo, si svolsero trattative nelle quali il CTLN fu rappresentato dall'on. Augusto Martini della DC e da Artom che, se non condussero a tutti i risultati desiderati dal CTLN, permisero per lo meno la liberazione di circa mille prigionieri politici o uomini mobilitati nel servizio obbligatorio di lavoro, contro la pubblicazione, attraverso i canali clandestini, di un manifesto col quale il CTLN formalmente invitava la cittadinanza e particolarmente gli aderenti ai partiti ad astenersi dalle vendette private e da persecuzioni ai familiari, non colpevoli, di responsabili fascisti, lasciando al governo dei CLN il compito di fare una giustizia pubblica e non privata.
Gli aspri contrasti che in merito a queste trattative si verificarono in seno al CTLN, amari ed appassionati, ebbero il particolare valore di prospettare le contrastanti posizioni ideali dei singoli partiti e di dimostrare la umanità della iniziativa liberale nelle trattative, che prevalse finalmente con l'appoggio della delegazione della DC.
Subito dopo, ritornato Medici a Firenze - ancora una volta a piedi, ancora una volta attraversando le linee nemiche - il CTLN si trovò di fronte alla sua relazione che, illustrando la realtà dei rapporti fra il Governo italiano (pur nella nuova composizione assunta dopo la Liberazione di Roma) ed il comando alleato obbligava i CLN a modificare piani e previsioni: in conseguenza di questo, il CLN con una sua deliberazione largamente diffusa per i canali clandestini, perdurando l'occupazione nazifascista della città e della regione, dichiarava di assumere da quel giorno il governo della città e della regione, invitando tutti gli organismi statali, i comandi militari, i cittadini a riconoscersi tenuti all'obbedienza soltanto nei confronti del CTL: la dichiarazione fu conosciuta e largamente accettata con spontanee iniziative, sovente inattese, per cui uffici pubblici, a cominciare dalla Prefettura e dal Comune, comandi dei Carabinieri e della Guardia di Finanza, organizzazioni varie presero contatto col CTLN specialmente attraverso gli uomini del Partito Liberale, mentre iniziative analoghe prese autonomamente da singoli - specialmente militari - venivano gradualmente assorbite nel quadro della iniziativa del CTLN, anche qui particolarmente attraverso la mediazione di uomini di parte liberale.
Contemporaneamente, a due riprese, veniva lanciato il Prestito del CTLN, anche qui particolarmente sottoscritto, con una partecipazione liberale di particolare rilevanza (3).
Si giunse così alla battaglia di Firenze
Note
(1) Il 15 settembre 1943 si era svolta la prima assemblea del P.L.I. nel corso della quale era confluita nel Partito Liberale la Democrazia del Lavoro. Cfr. MEDICI TORNAQUINCI Aldobrando, La sezione di Firenze del Partito Liberale Italiano, discorso pronunciato il 24 settembre all'Assemblea della Sezione fiorentina del P.L.I. Firenze, s. t. (1944), pp. 15.
(2) Il Partito Liberale aveva a Firenze come suoi organi l'OPINIONE, dal 20 luglio 1944, nn. 7, quotidiano per quattro giorni, durante l'emergenza: numerazione iniziata col n. 3; red. Artom, Ciruzzi, Fantoni, Lepri, e MOVIMENTO per i giovani, nn. 2. Cfr. BRANCA Vittore, La stampa clandestina in Toscana. Sta in: La Liberazione di Firenze. Firenze, 1945, p. 39.
(3) Testimonianza di Eugenio Artom, raccolta a Firenze il 15 settembre 1969. Cfr. LOTTA (Una) nel suo corso. Prefazione di Ferruccio Parri, a cura di Sandro Contini Bonacossi e Licia Ragghianti Collobi, Venezia, Neri Pozza, 1954, pp. XVI-353.
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