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Tutte le strade portano in galera

Inserito da: Redazione Liberalitalia

Data pubblicazione: 26.01.2004 19:24


Un nostro lettore ci ha segnalato un bell'articolo del Prof. Michele Ainis pubblicato da "La Stampa" il 22 gennaio scorso. Lo riportiamo qui sotto nella convinzione che esso sia di grande interesse per tutti i liberali, perchè coglie l'infittirsi di quella maglia di divieti e sanzioni (spesso davvero illiberali) entro la quale si trovano sempre più costrette e sacrficate le nostre libertà individuali. Aggiungiamo noi che il problema non è solo un problema di leggi dello Stato, perchè i fili di quella maglia sono oggi in gran parte tessuti in Italia dagli enti locali.

«SE si dovessero studiare tutte le leggi» diceva Goethe «non rimarrebbe il tempo di trasgredirle». Ma sta di fatto che è diventato pressoché impossibile, anche per chi si sottomette volentieri all'autorità delle regole giuridiche, mantenere la propria fedina penale immacolata sotto la pioggia di divieti che sta inondando tutto il mondo occidentale.

Ecco, i divieti. Presi uno per uno possono apparire trascurabili, non troppo oppressivi; ma nel loro insieme finiscono col paralizzarci, col trattenerci fermi al suolo come le cordicelle lillipuziane che bloccavano Gulliver. E un po' alla volta stanno trasformando l'intero emisfero occidentale nell'immagine ingrandita di Singapore, città-Stato supertecnologica e opulenta governata per decenni dal re-filosofo Le Kuan Yew, dove tutto è prescritto, controllato, sanzionato. Dove manca ogni spazio di discussione pubblica e non v'è cittadinanza per le ideologie politiche. Dove per l'appunto fioccano i divieti, a cominciare dalla proibizione assoluta di sputare in pubblico. E naturalmente anche i castighi, compresa la fustigazione per 30 crimini diversi. Lo Stato esattore, lo Stato balia, lo Stato costruttore di ponti e scuole e ospedali veste in ultimo la divisa dello Stato poliziotto, e ti sbatte in galera senza troppi complimenti. O almeno ci prova, dato che poi in Italia 8 reati su 10 rimangono impuniti, come ha attestato il pg Favara nell’apertura dell’anno giudiziario. E ci riesce soprattutto se sei povero in canna, e non hai un tetto sotto cui dormire: come quel barbone californiano che nel 2000 è stato punito con l'ergastolo dopo il furto di una pizza, o come i molti suoi compagni di strada in Francia, in Italia, in Gran Bretagna che incappano nel reato di vagabondaggio, vengono multati se chiedono qualche monetina di elemosina, subiscono il divieto di stazionare nei centri cittadini. O altrimenti vai in manette se hai la pelle nera o gialla, e domandi asilo a noi bianchi occidentali, incappando nella stretta autoritaria che pervade dappertutto le normative speciali per gli stranieri: e così per esempio la legge Bossi-Fini sull'immigrazione, approvata nel luglio 2002, è immediatamente diventata la seconda causa d'arresti in città, dopo il furto ma prima dei reati legati al traffico di stupefacenti, alle rapine, alla ricettazione. O ancora se sei zingaro e hai la disgrazia di vivere in Grecia, dove non puoi registrarti come residente, né ottenere la patente di circolazione, né una licenza per sposarti. Oppure se fai la prostituta in Irlanda, a Malta, in Belgio, Slovenia, Islanda, tutti paesi in cui la prostituzione viene punita con il carcere, al pari della Svezia, inflessibile altresì con i clienti delle donne di strada, i quali per l'appunto rischiano 6 mesi di galera. Quest'ultima circostanza dimostra come nel mondo occidentale il giro di vite sui comportamenti pubblici e privati non colpisca solo gli emarginati, anche se - ovviamente - costoro ne costituiscono le vittime elettive. Sennonché può toccare a tutti di sperimentare il fresco d'una cella o i manganelli della polizia, pur non avendo offeso alcun bene collettivo. E così se hai una faccia equivoca, abiti in disordine, o più semplicemente se vai in giro con un atteggiamento troppo guardingo per le vie di Bucarest, la polizia può spararti addosso con tutti i crismi della legge, dato che le norme in vigore consentono agli agenti d'aprire il fuoco sui sospetti. Si dirà: succede nei paesi neofiti della democrazia, in Stati governati fino a ieri da regimi dispotici e violenti. Ma l'antica democrazia inglese, nel 2002, ha introdotto il braccialetto elettronico per i baby criminali, marchiandoli come si fa con un cavallo. La Francia erede della rivoluzione democratica dell'Ottantanove vuol fare anche di peggio, dato che sempre nel 2002 il governo Raffarin ha proposto d'abbassare l'età minima per finire in galera, portandola da 16 anni a 13. I minorenni, del resto, hanno dovuto rinunciare all'innocenza un po' in tutto il mondo occidentale, se è vero che il Regno Unito a 17 anni li spedisce al fronte, mentre negli Usa ne sono stati giustiziati 15 nell'ultimo decennio. Nel frattempo, in nome della «tolleranza zero», tutti gli Stati occidentali infoltiscono le forze dell'ordine (per la polizia cittadina New York spende 4 volte di più che per i suoi ospedali); inaspriscono le pene (in Italia dal 1992 al 2000 gli ergastolani sono triplicati); praticano condizioni carcerarie disumane (sempre in Italia vige il famigerato 41 bis, che significa isolamento totale, controllo della corrispondenza, un colloquio al mese con i familiari); e naturalmente gonfiano le proprie galere ben oltre ogni misura (in Francia, nel 2000, una commissione d'inchiesta dell'Assemblea nazionale ha scoperto migliaia di casi in cui 6 persone vivono segregate in celle dove ce ne entrerebbero a malapena 2). In questo quadro già di per sé abbastanza claustrofobico è caduto come un maglio l'11 settembre, che ha fatto saltare ogni residuo di legalità costituzionale. Succede perciò che a Guantanamo e in altre basi americane la Cia torturi sistematicamente i 3.625 prigionieri talebani. Che le garanzie processuali vengano abrogate dappertutto per chiunque sia in semplice sospetto d'avere familiarità coi terroristi: negli Stati Uniti attraverso il Patriot Act del 26 ottobre 2001 e le altre leggi successive, in Francia con la legge n. 1062 del 15 novembre 2001, in Canada con l'Anti-terrorism Act del 18 dicembre 2001, nel Regno Unito con l'Anti-terrorism, Crime and Security Act 2001, e via elencando. Succede inoltre che in nome della guerra al terrorismo riprenda fiato la censura (come la rimozione - per fare un solo esempio - di un quadro intitolato Terrorista dal Museum of Art di Baltimora). Succede che si calpestino in un colpo solo le libertà politiche, quelle religiose, quelle associative, come testimonia la sentenza pronunciata nel novembre 2002 dal Tribunale amministrativo federale tedesco, che ha sciolto d'imperio un'associazione religiosa d'immigrati turchi (il Kalifatsstaat) perché essa rifiutava i principi delle democrazie liberali. O come mostra inoltre lo scioglimento di un partito, pur in assenza di specifiche attività illegali: è accaduto in Spagna per due volte (nel 2001 e di nuovo nel 2002), e ne hanno fatto le spese dapprima il partito fondamentalista islamico (Refah partisi), successivamente il partito indipendentista basco Batasuna. Succede infine che la violenza di Stato si scarichi contro chiunque osi dissentire, come ben sanno i no global di Seattle, Praga, Nizza, Cancun, Goeteborg, Barcellona, Ginevra, Napoli, Genova. Ma in ultimo ogni luogo pubblico, ogni reticolo in cui si consuma la nostra vita collettiva tende a trasformarsi in una gabbia, in una prigione a cielo aperto. Le scuole, perlomeno da quando a una mamma inglese (Patricia Amos) sono stati inflitti 2 mesi di carcere perché le sue figlie marinavano regolarmente le lezioni, o da quando gli studenti americani finiscono al riformatorio se compongono poesie troppo violente. Gli ospedali psichiatrici, dato che la malattia mentale cresce in tutto l'Occidente (solo in Italia ne soffrono 10 milioni di persone, secondo dati Oms), insieme con la voglia di camicie forzate e manicomi. Le strade cittadine, non foss'altro perché le contravvenzioni ormai rappresentano un salasso quotidiano (sempre in Italia, dal ferragosto 2003 il costo delle multe è raddoppiato, com'era già avvenuto in Spagna nel 1997, in Gran Bretagna nel 2000 e in vari altri paesi), e perché aumentano le infrazioni al Codice stradale punite con l'arresto (in Irlanda è previsto ad esempio per chi parla al cellulare mentre guida). Ma la pena detentiva, in tempi di persecuzioni forsennate contro i fumatori, può scattare anche nei riguardi di chi s'accende una sigaretta in aeroplano: nel 2002 è successo a un immigrato iraniano colto in flagranza di reato durante un volo negli Stati Uniti, e condannato per questa grave colpa a 2 anni e 9 mesi di prigione. Infine le manette sempre più spesso si serrano al polso dei drogati, dato che in Italia i tossicodipendenti formano oltre il 30% della popolazione carceraria, in Giappone il 40%, e via di questo passo; numeri destinati a lievitare ulteriormente sull'onda di proposte come quella elaborata dal governo italiano nel novembre scorso, con lo scopo d'abolire qualsiasi distinzione fra consumo e spaccio, fra gli spinelli e l'eroina. Il guaio però è che in Europa fumano spinelli 15 milioni di persone (il 5% della popolazione), e una percentuale analoga in Italia: quante galere dovremmo ancora costruire per ospitarli tutti?

Articolo di Michele Ainis
tratto da "LA STAMPA", 22 gennaio 2004



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