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RE: Non esageriamo !
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RE: Non esageriamo !
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RE: Non esageriamo !
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riflessioni nel mese d'aprile
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RE: Non esageriamo !
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RE: Non esageriamo !
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RE: Non esageriamo !
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Non esageriamo !
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Donatella della Porta ("I partiti politici", il Mulino, 1991, pagg.64-66) pubblica una interessante tabella degli iscritti ai partiti politici italiani dal 1945 al 1998. La tabella (in due sezioni) è pubblicata in calce all'articolo, affinchè ognuno possa valutare quale fosse, ancora agli inizi degli anni '90 la consistenza complessiva degli iscritti al PLI, al PRI, al Partito Radicale. Sono questi i tre partiti italiani di tradizionale ispirazione liberale, ma non si può trascurare che la forte connotazione ideologica che distingueva altri partiti, rispetto ai tre liberali, è andata affievolendosi nel corso di tutti gli anni '90, sicchè oggi nelle fila (oltre che nell'elettorato) di quei partiti è possibile rinvenire una quota di iscritti provenienti dai partiti liberali e, ancor più, una quota di iscritti che hanno ormai superato le principali resistenze ideologiche verso valori e principi di democrazia liberale. E' impossibile qui azzardare un'ipotesi sui numeri di quello che potrebbe essere la potenziale base di un nuovo partito liberale rappresentativo di tutte le vecchie e nuove anime liberali. Ove solo si considerino i dati del 1998, appare del tutto evidente lo strato di prostrazione del movimento liberale in Italia: in quell'anno, infatti, erano 11 mila gli iscritti repubblicani antescissione, 4 milla gli iscritti radicali e poche centinaia gli iscritti ai due tronconi sopravvissuti al vecchio PLI (troppo pochi anche per essere citati nella tabella). Sarebbe del tutto superficiale attribuire un così drastico ridimensionamento di iscritti alla legge elettorale maggioritaria e all'interpretazione "bipolare" che se ne è data in Italia, anche perchè, sia i due tronconi del vecchio PLI, sia il PRI non hanno disdegnato una sostanziale adesione a quell'interpretazione appiattendosi (almeno fino agli anni qui considerati) sulle posizioni dell'uno o dell'altro schieramento e talora beficiandone almeno a livello locale che tradizionalmente funge da fonte di reclutamento degli iscritti. D'altra parte, i dati della tabella riferiti al 1998 rendono evidente come il crollo delle iscrizioni dei partiti liberali sia percentualmente di gran lunga superiore rispetto a quello subito da quasi tutti gli altri partiti, con la sola eccezione del PSI, colpito più degli altri dalle inchieste di "mani pulite". Riesce difficile non pensare che vi sia oggi un largo spazio perchè un nuovo partito liberale unitario possa posizionarsi su numeri importanti, anche in considerazione di quanto si dirà più avanti.
Il fenomeno della riduzione del numero di iscritti ai partiti non ha risparmiato gli altri paesi dell'Unione Europea, se è vero che, nel rapporto popolazione iscritti, dall'8,1% del periodo 1950/54 si è passati su base europea al 5,7% del periodo 1990/92. Vale per tutti i paesi la minore ideologizzazione della competizione tra partiti, ma nell'interessante opera di Donatella della Porta viene anche evidenziato come, nel complesso gioco tra rappresentati e rappresentanti, nei partiti politici il potere decisionale (specie nella scelta dei candidati) è andato sempre più spostandosi verso i secondi, senza che i primi avessero un accresciuto potere di controllo a compensazione del diminuito potere decisionale. Un fenomeno questo che piace sempre meno ai giovani e induce al declino qualititativo della "membership", con iscritti più anziani e motivazioni più opportuniste. La "membership" è andata sempre più accentuando il proprio ruolo di fonte di finanziamento, di "casting" in congressi scenografici, di asservimento al leader-padrone del partito, perdendo quei ruoli tradizionali di selezione della classe dirigente e dei candidati nelle competizioni elettorali, di produzione e manifestazione del consenso sulle decisioni, di controllo sulla dirigenza del partito. Detto in parole povere, in una situazione di sempre più evanescente ideologizzazione portata dalla storia e dagli eventi degli ultimi anni, l'iscritto si sente sempre più inutile e strumentalizzato dalle oligarchie di partito.
Ma, se il partito politico ha la funzione precipua di mobilitare e sollecitare consensi nelle competizioni elettorali (la sua vita interna è strumentale rispetto a questa funzione), non c'è da stupirsi se, con l'immesirisi della vita interna, le oligarchie si rivolgano ai massmedia per sopperire a tale immiserimento. E' un circolo vizioso il cui risultato è una sempre più accentuata riduzione dell'appeal dell'iscrizione al partito politico. Tutte queste considerazioni devono essere tenute presenti quando si pensa ad un nuovo partito liberale unitario rappresentativo di quel vasto settore di opinione pubblica e di cittadini che oggi non riesce a trovare rappresentanza politica, stretto come è, da un lato, tra partiti ad organizzazione tradizionale e dominati da oligarchie sempre uguali a se stesse, dall'altro, da partiti che hanno la connotazione di macchine elettorali al servizio di questo o quel leader politico che, spesso, ne è anche il fondatore e il padrone assoluto. Un nuovo partito liberale se, da un lato, può contare su una potenziale base di aderenti di gran lunga superiore alla sommatoria di quelle degli attuali partiti "liberali", dall'altro non può nascere con gli stessi limiti e vizi che connotano gli altri partiti con i quali intende entrare in competizione elettorale. Concepire e costituire un partito diverso da tutti quelli presenti oggi in Italia, può innescare un circolo virtuoso capace di mobilitare aderenti e consensi elettorali, ma anche di spingere gli altri partiti a riformarsi con beneficio generale per una democrazia liberale. Nei fatti e non solo nelle parole.
Clicca sulle immagini per una migliore lettura delle tabelle
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Iscritti ai principali partiti italiani dal 1945 al 1998 - Parte 1 |
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Iscritti ai principali partiti italiani dal 1945 al 1998 - Parte 2 |
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