Destra e sinistra ammazzano il PIL della politica: -10% in tre anni !
Il 2004 sta ormai volgendo al termine e certo non nel modo migliore per i liberali italiani. Questo mese di dicembre è stato segnato da due iniziative che approfondiscono ulteriormente la frattura e la distanza tra i liberali: il congresso del PL (ora autoproclamatosi PLI) e la fondazione dell' "Associazione per la Democrazia Liberale". Pur sfumandone i propositi nelle dichiarazioni ufficiali, la prima iniziativa vuole rafforzare la presenza liberale dentro lo schieramento di destra attarverso un patto federativo con il PRI ed il Nuovo PSI, mentre la seconda vuole riorganizzare la propria presenza nello schieramento di sinistra. La prima ha esercitato la sua vis attractiva su gran parte del vecchio establishment del PLI (De Luca, Altissimo, Bastianini, Melillo, etc.), la seconda, guidata da Valerio Zanone, su personaggi a lui sempre vicini quando dirigeva il PLI e su altri che a lui si sono avvicinati in questi anni di confluenza nella Margherita (Maccanico, Enrico Letta, Natale D'Amico, etc.).
Le elezioni regionali del 2005 e quelle politiche del 2006 sono ormai alle porte: i liberali, schierati dall'una parte e dall'altra, serrano le fila per ottenere visibilità e potere contrattuale da giocarsi nelle tradizionali manovre preelettorali. Entrambi gli alfieri liberali del bipolarismo nostrano sommano le rughe della vecchiaia ai segni evidenti di un'anoressia allo stadio terminale. Rughe ed anoressia che si possono vedere anche sui due schieramenti di destra e di sinistra. Alle elezioni europee di quest'anno 4,3 milioni di cittadini elettori, che nel 2001 avevano votato per i partiti dei due schieramenti nella quota proporzionale, non li hanno più votati. Anzi, non sono andati proprio a votare. Un 10% in meno di elettori delusi in 3 anni, non è poca cosa ! E' il segnale evidente e incontestabile che quei partiti ed i loro schieramenti sono alla disfatta per quanto riguarda il gradimento degli italiani, che è il loro PIL. Se in tre anni avessimo avuto una riduzione del PIL (Prodotto Interno Lordo) del 10%, la nostra economia sarebbe al collasso e dovremmo richiedere l'intervento della FAO.
Stupisce che certi liberali non se ne siano accorti, che continuino a corteggiare e sostenere questi due schieramenti. Se fosse solo "sindrome di Stoccolma" li inviteremmo a sdraiarsi sul lettino di un bravo psicanalista, ma crediamo che il loro stato di salute mentale sia di gran lunga più grave. Senza rimedio ! Chi, come noi, continua a lottare - fuori dai due schieramenti e contro di essi - per fare, di quella italiana, una società liberale, si metta il cuore in pace e si convinca che bisogna ripartire da zero, con operosa umiltà e, al contempo, con determinata lucidità. A tutti costoro è rivolto l'invito a starci vicino e a dare il proprio contributo di operosità ed intelligenza per la migliore riuscita degli Stati Generali che si terranno tra poco più di due mesi. Ora sappiamo con certezza che il nostro compito non è convincere l'esiguo numero di liberali, rapiti dai due schieramenti, bensì il maggior numero possibile di quei 4,3 milioni di italiani che li hanno abbandonati. Certamente non sono tutti liberali, ma dobbiamo raggiungere e convincere quelli, tra essi, che lo sono o possono esserlo. Sarebbe sciocco pensare che gli Stati Generali possano divenire una manifestazione dai grandi numeri, ma chi ci sarà dovrà portarsi appresso la ferma convinzione che i grandi numeri possiamo conseguirli.
La "Verità" che non c'è. Le verità che ci inquietano.
Da laici non ci abbeveriamo nè alle fonti della "Verità" rivelata, nè alle fonti della "Verità" giudiziaria. Da laici non neghiamo che nell'una e nell'altra possano esserci alcune verità che, sottoposte al foro interno della nostra ragione critica, ci convincono e facciamo nostre. Da laici sappiamo che anche il processo cognitivo, così come può farci convinti di alcune verità, allo stesso modo può ingannarci e portarci a respingerne altre. E' il dubbio che rode ogni liberale, la sua maledizione e la sua condanna. Nel foro interno di ogni liberale non esistono solo tre gradi di giudizio, ne esistono tanti quanti ce ne consente lo spazio temporale della nostra vita. Ma non siamo relativisti, perchè nel nostro foro interno sappiamo pronunciare le sentenze che la conoscenza e la ragione critica ci suggeriscono di volta in volta. Nel loro foro interno i relativisti non pronunciano mai una sentenza o, meglio, la loro sentenza è sempre la stessa: "non possiamo giudicare".
Non esiste una "Verità" giudiziaria, ma solo una verità umana. Essa si forma nel foro interno di uomini e donne cui abbiamo delegato la responsabilità di giudicare i comportamenti di altri uomini e donne che si presume abbiano violato le leggi della civile convivenza. Ad essi abbiamo affidato gli strumenti e l'autorità per acquisire ogni conoscenza necessaria a giudicare; ad essi abbiamo posto limiti affinchè tale acquisizione non valichi il rispetto dei diritti umani degli imputati e la loro libertà di difendersi nel modo migliore da ogni accusa. La verità giudiziaria è umana anche perchè si forma entro un sistema di regole processuali umane e, quindi, per definizione non perfette e sempre perfettibili. La verità giudiziaria, proprio perchè umana non è assoluta: noi liberali sappiamo tutto ciò e, nel saperlo, rispettiamo la decisione di chi giudica, ma non teniamo mai la porta chiusa al dubbio, sia quando assolve, sia quando condanna, sia quando dichiara l'intervenuta prescrizione.
Rispettiamo le sentenze nei processi a Previti, a Dell'Utri, a Berlusconi, così come abbiamo rispettato le altre dei tanti processi inquietanti per le persone imputate o per la drammaticità dei fatti contestati. Le rispettiamo, ma non rinunciamo a lasciarci rodere dal dubbio. Non rinunciamo a quel nostro foro interno, non pervaso dalla luce della "Verità", ma entro il quale la conoscenza di tante piccole verità, emerse in quei processi, ha aperto squarci di luce su fatti, episodi, uomini e comportamenti. Queste piccole verità, anche quando non riescono a dare corpo ad un'unica verità, ci inquietano oltre misura, ci fanno avvertiti di quanto ciò che reputiamo male sia spesso contiguo a ciò che reputiamo bene, come l'uno e l'altro a volte si intreccino e si confondano. Noi liberali che non possiediamo la "Verità", possiamo solo far tesoro delle nostre conoscenze e lastricare con esse la strada sulla quale camminare portandoci nella mente e nel cuore i nostri beni più preziosi. Laddove la nostra strada si fa più stretta ed impervia, sono questi beni tutto ciò cui affidarci per non soccombere - noi ed essi - nei troppi baratri aperti da quanti ci dicono di possedere la "Verità". Con questi non possiamo e non dobbiamo mischiarci, anche perchè sono i nemici della nostra conoscenza, coloro che ce ne sottraggono quotidianamente gli strumenti, che vi spargono fumi e distendono veli. Su quella strada, invece, noi liberali possiamo e dobbiamo camminare insieme, così come possiamo camminare insieme a tanti giudici onesti, le cui decisioni, prima ancora di appartenere al foro delle aule giudiziarie, si sono formate nel loro foro interno e si sono alimentate alla fonte del dubbio.
Assistenzialismo di sinistra e assistenzialismo di destra
Negli anni passati si è accesa rovente la polemica della destra berlusconiana contro il cosiddetto "assistenzialismo statalista". Non era solo la legittima reazione al soccorso pubblico di aziende private dissestate e non più competitive. Era soprattutto il rifiuto di una concezione dominante che, in nome dei cosiddetti "ammortizzatori sociali" spalmava in modo generalizzato quote importanti di risorse pubbliche su chi restava senza lavoro (cassa integrazione, prepensionamenti), su chi il lavoro non poteva trovarlo (lavori socialmente utili, spregiudicatezza nella concessione delle pensioni d'invalidità), su chi necessitava di cure mediche e ricoveri ospedalieri (assistenza sanitaria gratuita per i ricchi e meno ricchi), sui consumatori di servizi pubblici (tariffe politiche dei trasporti). In nome di un assistenzialismo generalizzato, lo Stato è intervenuto pesantemente nel tipicizzare e condizionare i contratti privati: non solo quelli del lavoro, ma anche di locazione e agrari. Si sono fatti solo alcuni esempi, perchè la lista è infinita. Il sistema Italia è andato via via ingessandosi sempre di più nell'inefficienza, nella mancata innovazione, nella crescente carenza di competitività, al proprio interno ed entro un sistema internazionale di crescente globalizzazione.
Per troppi anni la politica sociale è stata concepita come un banco di mescita dal quale distribuire gratuitamente quartini di vino a tutti, con qualche beneficio temporaneo per gli avventori, a prezzo della loro cirrosi epatica e della devastazione dei conti pubblici. Negli ultimi anni qualcosa è cambiato, soprattutto per merito delle imposizioni dell'Unione Europea. Tuttavia sembra che neppure i governi di destra vogliano smantellare il sistema assistenzialistico contro il quale avevano raccolto il consenso della maggioranza degli italiani: lo impediscono settori influenti della coalizione di maggioranza e larghi settori del suo elettorato. Togliere il quartino di vino ad un avvinazzato, non è impresa semplice, neppure per chi se lo propone seriamente. La maggioranza ha gettato la spugna nel combattimento delle politiche assistenzialistiche: da un lato passa i banchi di mescita alle regioni, dall'altro replica l'assistenzialismo con una politica fiscale che concede qualche modestissimo vantaggio a tutti indistintamente, poveri o ricchi, con ulteriore dissesto di un erario mai seriamente risanato e, all'evidenza, rinunciando a risorse che, diversamente, risulterebbero preziosissime per energiche cure da cavallo in quei settori maggiormente sofferenti della nostra società ed in quelli della nostra economia soccombenti nella competizione internazionale.
Non è il caso qui di ricordare il liberale Theodor Heuss e il cristiano democratico Ludwig Erhart quando imposero ai tedeschi, prostrati dal conflitto bellico, senza lavoro e senza casa, una politica che concentrasse le residue modeste risorse del paese e gli aiuti internazionali nella previa ricostruzione del sistema produttivo e commerciale. Vi sono altri esempi virtuosi e più recenti in Europa: basti pensare alle politiche di incentivazione degli investimenti stranieri attuate dall'Irlanda o alla massiccia concentrazione di risorse nella ricerca scientifica in Finlandia. Se davvero, come si afferma in ambienti della maggioranza di governo, l'Italia può rinunciare a entrate per 12.000 miliardi di vecchie lire, allora si concentrino quelle risorse in una politica fortemente mirata su uno o due progetti di grande impatto per lo sviluppo della società italiana; se, poi, quelle risorse non sono reperibili solo "una tantum" sull'esercizio finanziario del 2005, ma sono diretta conseguenza di un risparmio capace di replicarsi negli esercizi finanziari futuri, allora crescono ulteriormente le possibilità di rilanciare il sistema Italia in modo consistente e duraturo.
Che il sistema fiscale italiano sia oltremodo pesante e costituisca un freno allo sviluppo della società italiana, è convinzione diffusa e condivisa da tutti. Spalmare risorse in modo generalizzato ed inconsistente su tutti i contribuenti, anzichè indirizzarli verso progetti mirati di sviluppo, significa abdicare dalle responsabilità di governo, illudere gli italiani per conquistarsi il loro consenso con un quartino di vino, replicare demagogia ed insipienza di quelle politiche assistenzialiste che hanno sfasciato l'Italia. Quando si afferma che, nel nostro paese, destra e sinistra non sono diverse tra loro e non sanno fare politiche liberali, non facciamo sterile e strumentale polemica politica, ma affermiamo qualcosa che è sotto gli occhi di tutti. Ogni giorno !
Ritorno al proporzionale - Cambiare tutto per non cambiare niente
Il 2004, decennale delle prime elezioni con l'interpretazione "bipolare" del sistema maggioritario, passerà alla storia come l'anno della sconfitta del bipolarismo. Sinistra e destra hanno ferito a morte il sistema maggioritario, sia introducendovi la quota proporzionale, sia organizzandosi (unici al mondo) in ammucchiate di partiti per fregare i collegi uninominali a qualsiasi altro possibile concorrente. Non ci stancheremo mai di dire che tutto ciò è una vergogna non minore dei sistemi elettorali di qualsiasi "repubblica delle banane". La prova ? Cresce impetuoso nei cittadini il rifiuto della politica. Sono sempre meno quelli che vanno a votare, nonostante campagne elettorali da centinaia di milioni di euro ed il bombardamento dei massmedia asserviti alle due coalizioni. Non solo i cittadini non vanno più a votare, ma i sondaggi d'opinione ci dicono che anche tra quelli che votano sta crescendo la voglia di non votare più gli schieramenti di destra e di sinistra.
Un segnale arriva anche dalle schede elettorali, se è vero che alle elezioni europee (dove si vota con il proporzionale) circa 800.000 cittadini che, nella quota proporzionale, avevano votato i partiti dell' Ulivo nel 2001, non li hanno più votati alle europee. E alla sinistra, in queste elezioni, si è aggiunto anche D'Antoni che nel 2001 aveva raggranellato quasi 900.000 voti. Ancora peggiore il risultato per lo schieramento di destra, al quale sono venuti a mancare il ragguardevole numero di circa 3.500.000 voti. Sono dunque 4.300.000 cittadini che, nel breve volgere di tre anni, hanno voltato le spalle ai partiti della sinistra e a quelli della destra. E nessuno dica che la colpa è del sistema maggioritario, perchè questi calcoli sono stati fatti sui partiti che si sono presentati alle Europee 2004 con il proporzionale, e alla Camera (2001) nella quota proporzionale. Nè le cose cambieranno se alle prossime elezioni politiche si dovesse votare con un sistema proporzionale, assistito (anche i partiti hanno bisogno dello Stato assistenziale !) da soglie di sbarramento; da premi di coalizione; dalla disparità di trattamento tra partiti coalizzati per i quali non vale lo sbarramento e partiti non coalizzati per i quali invece vale lo sbarramento; da liste bloccate per favorire le segreterie di partito e il nepotismo dei leaders (medici personali, ma anche avvocati ed altri professionisti, imprenditori finanziatori, etc.). Stiamo a vedere quale altra diavoleria inventerà l'italico genio perverso dei nostri padroni della politica.
Che la si giri dalla parte del maggioritario o da quella del proporzionale, l'Italia resta sempre una "repubblica delle banane", almeno sotto il profilo elettorale.
E se fosse solo un problema elettorale, pazienza! Il guaio è che non c'è neppure una politica capace di dare una risposta ai problemi sempre più angoscianti dei cittadini: la spesa quotidiana delle famiglie e le loro entrate, i loro risparmi non più possibili e, ove esistenti, spesso rapinati, i servizi pubblici (dalla sanità alla scuola, dalle infrastruttore viarie ai trasporti, alla giustizia), il mondo dei giovani ai quali non viene più offerto un lavoro retribuito ma solo stages gratuiti: l'Italia soffre di una crisi che mai si era vista sin qui. Segno che non è una vergogna solo il sistema elettorale, ma tutta la politica italiana nei cinque anni di governi di sinistra e in questi tre di governo della destra.
*****************
Qui sotto pubblichiamo il lungo articolo con il quale l'Avv. Vittorio Vivona è intervenuto il 27 agosto nel dibattito ospitato dal quotidiano "L'Opinione" sulla costruzione di una "casa laica". Chi fosse interessato alla lettura di tutti gli interventi, può trovarli cliccando qui.
Colmare il vuoto di valori
Caro Direttore,
spero che il mio intervento non giunga fuori tempo massimo, a dibattito chiuso ed iniziativa archiviata. Così come spero che vorrà perdonarmi la lunghezza dello scritto, peraltro non superiore a quella di altri interventi. Proprio perché il dibattito non va chiuso e liniziativa non va archiviata, ho passato le scorse settimane dagosto a rileggere tutti gli interventi pubblicati dal suo giornale. E stata una riflessione obbligata per me che da tre anni profondo le mie modeste forze e capacità nel progetto di Liberalitalia, lassociazione (non è un partito politico) che si è posta il fine istituzionale di far incontrare, dialogare e collaborare partiti, associazioni, gruppi, liste e singoli, a qualunque anima liberale essi appartengano.
Un lavoraccio, fatto di centinaia di contatti ed incontri su tutto il territorio nazionale; già, perché nessuno può neppure immaginare che in ogni angolo del nostro Paese cè una sezione di partito, unassociazione, un gruppo che tiene alta la fiammella delle idee e dei valori liberali. Ma quando si tratta di passare dal mero censimento - o anche solo dallincontro - al dialogo e alla collaborazione, allora si è presi dallo sconforto.
A prevalere non è la coscienza di idee e valori comuni; non è neppure quella voglia di autodeterminazione ed assunzione di responsabilità in coerenza con idee e valori che dovrebbero essere nel dna di chi, per essi, ha saputo in epoche lontane combattere e talora sconfiggere duchi, granduchi, principi, re, imperatori, duci e financo papi; non è neppure la condivisione di quelletica della democrazia che ti fa orgoglioso di essere diverso dagli altri ed accettare dessere oggi minoranza - anche esigua - per poter prendere domani nelle tue mani, pur tra mille difficoltà e sacrifici, la guida della tua esistenza. Quelletica della democrazia liberale, per la quale il ruolo di una minoranza è essenziale quanto quello della maggioranza; tanto essenziale da costituire esso stesso la garanzia di ricambio delle maggioranze.
A prevalere è invece, troppo spesso, un pragmatismo cinico, vuoto di valori; è l?affidarsi alle grazie ed ai favori del principe di turno, per tentare di togliersi da quello stato di prostrazione del quale non possiamo incolpare la mala sorte o i nostri avversari, ma solo noi stessi, la nostra pochezza, la nostra imbecillità, la nostra ignavia. Ci siamo smarriti come liberali, ma soprattutto abbiamo smarrito la nostra dignità di uomini e donne liberali. Una dignità che non può essere nobilitata da una pelosa affermazione di lealtà verso questo o quel principe che ci ha magnanimamente distribuito qualche favore personale, salvo poi sparlarne sottovoce per non irritarlo troppo. Il gesuitismo non appartiene al lessico liberale. A noi liberali appartengono, invece, la schiettezza e, se necessario, lirruente determinazione nellaffermare - e combattere per - idee forti e valori irrinunciabili. Forti ed irrinunciabili, perché tali devono essere le nostre libertà individuali ed i nostri diritti, sempre più sbeffeggiati, limitati, quando non conculcati nei sepolcri imbiancati dei vecchi e nuovi comunitarismi statuali e religiosi; quando non offesi dagli orpelli di interessi particolari e di categoria.
Ebbene, caro Direttore, se - come credo - lo spirito del Suo appello è proprio quello di smuovere le coscienze sopite, gli intelletti impigriti, i comportamenti gesuitici di troppi liberali, allora Liberalitalia ed io siamo con Lei e con tutti coloro che vogliono ritessere la tela di un nuovo movimento liberale in Italia. Un movimento che non può che essere unitario, se sappiamo trovare, nelle sempre nuove sfide che la società ci pone, il senso dellessere liberali qui ed oggi; se sapremo dimenticare dessere eredi di qualcuno e di qualcosa, perché spesso le eredità tramandano, insieme ad un patrimonio, anche conflitti e risse famigliari. E in noi stessi, più che nei nostri avi, che dobbiamo trovare la ragione del nostro essere liberali qui ed oggi.
Il determinismo non ci appartiene, ma ci appartengono invece il libero arbitrio e lautodeterminazione. Più urgente di un possibile incontro con le forze del socialismo liberale italiano - non distanti da noi, come ci ha ricordato Biagio Marzo - mi pare sia linterrogarsi su ciò che siamo e vogliamo essere. I fratelli Craxi e De Michelis un loro partito lhanno già, un programma e una linea politica pure. Ce lo ha ricordato anche Attilio Bastianini. E noi chi siamo? Questa è la domanda che ci pone Mario Adinolfi. Ed è anche la sfida che dobbiamo raccogliere nei termini evocati da Davide Giacalone: La vitalità del nostro mondo (e dico vitalità, non sopravvivenza) non è affidata alla bandiera del punto percentuale, ma alla forza di dare idee e politica ad unItalia non rappresentata. E di farle pesare su un mondo politico che continua a riscuotere la maggioranza dei voti, ma che è in visibile affanno didee e di classe dirigente.
Non è un caso, dunque, che nellappello lanciato da Lei e da Giacalone cè la proposta chiara per un programma, un progetto, una casa comuni. E credo che tale proposta, salvo qualche eccezione, sia stata trascurata nel dibattito che ne è seguito. Invece, essa è centrale. Lo è nellesatta successione da voi formulata e che vede al primo posto un programma comune. Un partito liberale può nascere solo se tutte le componenti che gli daranno vita sapranno investire, della stesura di un manifesto programmatico, personalità di primo piano delle professioni, delle università e della cultura, che godano della loro fiducia e di quella dei cittadini liberali anche - e ancor più - se non militanti o non schierati; personalità che garantiscano autonomia ed indipendenza nel lavoro che dovranno fare; un lavoro di analisi e monitoraggio dei problemi della società italiana, oltre che di elaborazione di idee e proposte liberali per la loro soluzione.
Un Collegio di Saggi, dunque, più che un consesso di vecchi litigiosi leader e loro gregari. Perché la prostrazione delle forze liberali, la suggestione che su di esse hanno esercitato altre formazioni politiche, linsterilirsi delle liste degli iscritti, labbandono della competizione politica ed il rifugio dei più nellastensionismo, è una responsabilità che grava anche - perché non deve essere un alibi per le responsabilità di ciascuno di noi - su quei leader, sulla loro incapacità nello svolgimento del ruolo che essi hanno sin qui rivendicato a sé. Che sia mancato loro il carisma personale, o un disegno strategico convincente e vincente, o entrambi, non fa differenza: devono rientrare nei ranghi e non frapporre ostacoli a che i liberali possano riacquistare nerbo ed energia.
Non a caso ho usato queste ultime due parole, perché sono le stesse che Stefano De Luca ha usato nellannunciare un congresso dei liberali ad ottobre. Unoccasione importante che non può e non deve essere finalizzata alla gregarizzazione verso questo o quello schieramento. Quando afferma che il congresso di ottobre dovrà ridare nerbo ed energia alla Casa delle libertà, si pone in rotta di collisione con il sentire ed il volere - a volte solo il sognare - della maggior parte dei liberali, che non vogliono rafforzare, bensì fiaccare sia la Casa delle libertà di Berlusconi & C., sia lUlivo di Prodi & C. sono i nostri naturali avversari: non dobbiamo mai scordarlo! Contro questi avversari non è illusorio attendersi un crescente largo consenso da parte di un elettorato largamente sfiduciato e deluso da essi.
Il nostro è un elettorato che non crede più nelle battaglie isolate di questa o quella forza liberale, perché si è temprato nel sacrificio imposto dal divide et impera: proporgli sodalizi innaturali, coperti da spregiudicati machiavellismi, mi sembra offendere la dignità, la sensibilità e lintelligenza dei liberali cui ci rivolgiamo. Mi sembra anche sottovalutare lintelligenza di un Berlusconi che sta sempre più manifestando la volontà di non crescere serpi nel proprio seno.
Dunque, per le ragioni che ho esposto più sopra, mi sembra imprescindibile che quel manifesto programmatico, del quale parlavo pocanzi, non debba costituire merce di scambio per accordi con gli schieramenti di destra e di sinistra.
I nostri avversari, a destra come a sinistra, devono sapere che in Italia si è avviata una stagione politica nuova, che i liberali ci sono con le loro proposte ed i loro uomini, che il totem del cd. bipolarismo può essere abbattuto, perché una democrazia liberale o è pluralista o non è tale. Il problema non è maggioritario Sì o maggioritario No, se è vero che in Gran Bretagna un partito liberale è in ottima salute e oggi può competere egregiamente con laburisti e conservatori; per non dire del Canada dove i liberali sono il primo partito, seguiti da altri quattro che rispecchiano le stesse differenze politiche che si ritrovano in Italia.
Il problema per i liberali italiani è solo quello di ritrovare lorgoglio di esistere e di combattere le proprie battaglie contro gli avversari di destra e di sinistra. Per concludere, non condividendo quanto auspicato da De Luca ma aderendo al Suo appello, caro Direttore, il desiderio mio e di Liberalitalia è che, se congresso dei liberali ci sarà ad ottobre, esso costituisca il momento della scelta e dellinvestitura del Collegio dei Saggi, rimettendo agli stati generali liberali, promossi da Liberalitalia per la prossima primavera, il compito di presentare agli italiani il manifesto programmatico liberale, formalizzare su di esso ladesione di tutte le componenti liberali e la costituzione di un nuovo partito liberale unitario ed autonomo.
Il compito, soprattutto, di muovere ad entusiasmo i tantissimi liberali che, stanchi di cialtronerie e machiavellismi, vogliono un partito tutto loro, capace di misurarsi elettoralmente con la destra e la sinistra, senza complessi dinferiorità - come Lei ci ha giustamente ricordato - e senza timori derivanti da un sistema elettorale che sarà anche brutto ed iniquo quanto linterpretazione bipolare che - unici al mondo - ne hanno dato i nostri avversari, ma non è un carcere.
Decisa la convocazione degli Stati Generali Liberali
Sabato 6 novembre si è riunito a Bologna il Comitato esecutivo di Liberalitalia. La riunione aveva lo scopo di valutare la sintonia dell'imminente congresso del PL (3/4 dicembre a Roma) con il progetto complessivo degli Stati Generali Liberali. Al termine di un lungo e puntiglioso esame degli atti di convocazione e delle informazioni acquisite, il Comitato ha concluso per una sostanziale diversità tra il progetto, che verrà sottoposto agli iscritti del PL, e quello proposto da Liberalitalia per gli SG. In particolare, il primo progetto è fondato su di un patto federativo, del solo PL, con il Nuovo PSI ed il PRI dentro lo schieramento berlusconiano; inoltre non può considerarsi come riunificatorio delle varie anime liberali , in quanto il congresso è riservato ai soli iscritti al PL con esclusione di quanti, non iscritti, auspicano l'autonomia dei liberali dai due schieramenti. Il secondo progetto (quello degli SG), invece, si propone di chiamare a raccolta tutti i liberali, senza distinzione di provenienza politica, nè discriminazione tra chi ha o non ha una tessera di partito, per dare vita ad una nuova formazione politica che faccia della "diversità" liberale l'elemento fondante di una strategia politica alternativa agli schieramenti di destra o di sinistra ed ai partiti che vi aderiscono. Sotto questo aspetto, non verranno poste preclusioni agli iscritti al PL, nè chiesto loro di rinunciare all'iscrizione ad esso, purchè dichiarino esplicitamente di condividere l'autonomia liberale dai due schieramenti.
Al termine della riunione il Comitato ha deliberato di convocare gli Stati Generali Liberali entro il mese di febbraio 2005, affidando al Presidente gli aspetti organizzativi. Il Presidente si è riservato, previa consultazione con le associazioni aderenti, di riferire in una successiva riunione sulle opzioni possibili circa la data ed il luogo di convocazione ed ogni altra opzione che garantisca la migliore riuscita dell'iniziativa.
|
Avviso agli utenti di questo sito
Gli aggiornamenti hardware e software del nostro server comporterebbero un imponente aggiornamento anche del nostro sito. Dovendo scegliere tra l'aggiornamento del vecchio sito ed il suo integrale rifacimento, abbiamo optato per questa seconda soluzione. Non ci aspettavamo tanto presto una crescita così impetuosa di liberali.net, sia quanto a numero di utenti registrati, sia quanto a semplici visitatori, sia quanto a pagine lette. Ci giungono ogni giorno testimonianze di interesse e simaptia da amici liberali di ogni parte d'Italia: proprio queste testimonianze ci hanno fatti convinti che liberali.net costituisce oggi un punto di riferimento insostituibile per tutti coloro che attendono con speranza che i liberali italiani, a qualunque anima liberale essi appartengano, abbandonino settarismi, personalismi e divisioni per dare vita ad un nuovo soggetto politico unitario capace di competere autonomamente con gli schieramenti di destra e di sinistra. In questa prospettiva abbiamo acquisito la consapevolezza che liberali.net necessitasse, non solo di un software più potente e coerente con l'evoluzione del web, ma anche di una completa riorganizzazione della sua impostazione e dei suoi contenuti. E' quanto ci accingiamo a fare nei prossimi giorni e nelle prossime settimane, confidando nella comprensione di tutti coloro che ci hanno sin qui seguito e sostenuto.
Grazie a tutti e ... arrivederci a presto !
NB: Compatibilmente con i lavori di integrale ristrutturazione del sito e per non interrompere del tutto i nostri contatti durante gli stessi, vedremo di inserire qui sotto alcuni editoriali sui fatti più significativi della politica italiana.
- Prosegue il lavoro di allestimento del nuovo sito. Dopo alcune verifiche tecniche, è stato deciso di acquistare un server tutto nostro che ci pone al riparo da molti problemi, non ultimo quello dello spazio esiguo e costoso degli Internet Server Provider. Ai tecnici che stanno facendo un lavoro meraviglioso va il nostro grazie più sentito, così come un grazie va all'altra amica che si sta occupando del design: anche questo lavoro subirà qualche inevitabile ritardo, reso più sopportabile dal fatto che, comunque, nei primi tempi il nuovo sito potrà usufruire di un design incluso nel programma. Come abbiamo detto in precedenza i tempi tecnici sono dovuti anche al fatto che il programma, da noi scelto per le sue importanti caratteristiche innovative, è quasi del tutto sconosciuto in Italia, pur essendo largamente utililizzato negli USA da università e grandi società. Il programma non è predisposto per la versione italiana e la traduzione dei comandi e dei messaggi ci richiederebbe tempo che non abbiamo: una limitazione di scarso rilievo, vista la diffusa conoscenza della lingua inglese, specie tra quanti navigano in internet. In ogni caso, stiamo lavorando alla traduzione in italiano del corposo "tutorial", al fine di consentire a tutti di cogliere facilmente ogni opportunità offerta dal sito La limitazione di cui si è detto è, però, compensata, da un'impostazione rivolta principalmente ad offrire agli utenti un proprio spazio personale adattabile ai più svariati scopi, oltre che alla organizzazione e gestione di gruppi di lavoro. Quest'ultima necessità era stata fermamente auspicata sia da Liberalitalia, sia dalle più recenti riunioni del Comitato promotore degli "Stati Generali Liberali".
|